Mai come con i fatti di Rosarno questo slogan può essere vero.
Presenti ma mai accolti, come anime che non trovano cittadinanza in nessun corpo sociale, i lavoratori immigrati figli delle disuguaglianze globali hanno finito per esplodere la loro rabbia per la condizione di non-esistenza in cui venivano tenuti. A farne le spese è la sicurezza di tutti, italiani e stranieri.
Esseri umani, nostri fratelli in tutto e per tutto, accomunati a noi dal destino comune della vita su questo pianeta, accatastati all’alba ai bordi delle strade in attesa della grazia di essere caricati su un camion e portati a lavorare nei campi. A raccogliere gli agrumi delle nostre spremute mattutine. Sperando di non essere malmenati dai caporali, di non beccarsi malattie, di essere pagati quegli spiccioli necessari a sopravvivere senza uscire mai da quella condizione. Magari con famiglie a carico da qualche parte del mondo, a cui non si può raccontare la vergogna del sogno infranto di una vita migliore.
Chi non riceve questa grazia del lavoro forzato diventa un indesiderato. È lì, ma non lavora. È lì, ma non serve a niente. Occupa suolo pubblico. E con questa sensazione nell’anima trascorre le giornate, i mesi, gli anni migliori della sua vita migliore. È il nostro fratello mai accolto.
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